Boudoir Disability: il progetto che ci insegna a guardare oltre la disabilità

Tutto è iniziato poco tempo fa, ma è partito da una disabilità che dura da una vita. Come viene visto tutto questo dagli occhi della gente? Come viene guardata una ragazza su una carrozzina? Come “una ragazza” o come “una ragazza su una carrozzina”? Difficile da dire.

Quello che vedono i nostri occhi è diverso ogni volta. I tuoi occhi possono vedere qualcosa di diverso da quello che vedo io, perché tutto dipende da come guardiamo quella determinata persona.

Ma la donna rimane donna in ogni caso e non esiste carrozzina che possa portarle via le sue caratteristiche, le sue forme e tutto ciò che disegna la sua immagine e la sua personalità.

In base a questo concetto voglio presentarti un progetto che ormai sta girando su Facebook alla velocità della luce… “Boudoir Disability“: uno shooting fotografico per sensibilizzare e per imparare a guardare la disabilità con occhi diversi.

boudoir disability

Ma facciamoci spiegare l’iniziativa direttamente dalle ideatrici, Micaela Zuliani (fotografa) e Valentina Tomirotti (blogger e, come si definisce lei stessa, “giornalista a rotelle” 🙂 ), alla quale abbiamo fatto alcune domande per capire appieno lo spirito, l’intento e la motivazione principale.

Ecco cosa abbiamo chiesto a Valentina…

Ciao Valentina, leggendo il tuo blog (www.pepitosablog.com) si capiscono molte cose di te. Sei una persona solare, chic e che vive di emozioni… Che altro possiamo sapere di te?

Cuore mantovano, mente ‘cittadina del mondo’, i limiti mi vanno sempre stretti.

Classe 1982, disabile motoria da tutta una vita, vivo mentalmente sempre proiettata al futuro, ma razionalmente con i piedi e le ruote ben salde a terra, giorno per giorno. Giornalista di nascita e vocazione, sono freelance per passione e lavoro. Mastico comunicazione e social media come pane quotidiano, condito da un carattere solare e molto intraprendente perfetta anche in team.

Da quasi 10 anni lavoro nel mondo del sociale e ogni giorno mi scontro con la realtà che non anima solo le prime pagine dei quotidiani, una palestra di emozioni che ti formano, anche rimanendo in silenzio. Non sono ridotta semplicemente ad una donnavetrina che dispensa consigli su come abbinare le righe con i quadretti, cerco di evitare le banalità o almeno le mescolo in una ricetta che sforna sempre un dialogo aperto con il pubblico.

 

Dalla moda al design, dal make-up alle ricette fino ad arrivare a Boudoir Disability, un progetto che guarda oltre la disabilità e che ci permette di ridimensionarne il concetto, enfatizzando nuovamente la femminilità e la sensualità della Donna con la D maiuscola… Una cosa che nella nostra società ci scordiamo spesso di fare, anche se in realtà sono tutte caratteristiche rimaste sempre lì davanti ai nostri occhi e non esiste carrozzina che può eliminarle. Perciò, Valentina, da cosa è nata l’idea del tuo progetto?

Coltivo la speranza di poter cambiare qualcosa nel mondo glitterato della moda: attraverso il mio blog spero di sdoganare il mito della perfezione estetica secondo dogmi, direi ormai obsoleti e impolverati. Da qui l’idea di dar forma a Boudoir Disability (grazie a Micaela che ha battezzato il progetto). Mai come in Italia esistono argomenti e luoghi tabù non propriamente handicap friendly. Più che barriere architettoniche, fanno da padrona quelle mentali con un buon carico d’ignoranza. Chi è disabile, troppo spesso, viene considerato un pacco (oggetto) che rientra solo nella sfera famiglia-educazione-sanità. Sbagliato! esistono migliaia di tipologie di disabilità e con esse diversi gradi. Ecco anche qui non tutti siamo uguali. Abbiamo bisogni come chiunque altro. Oggi, il 27 gennaio, scatteremo un servizio fotografico a Mantova: io come modella e Micaela Zuliani come fotografa (www.portraitdefemme.it). Cercheremo di fare breccia nel muro della discriminazione e di scardinare questo tabù. Saranno foto scattate in intimo, non volgari, non cerchiamo occhi famelici, ma occhi che vogliano semplicemente vedere una donna che seppur non perfetta, in grado di piacere e piacersi.

 

Hai tutta la mia stima e la mia approvazione. Sicuramente, nel nostro comune modo di vedere la disabilità abbiamo tutti qualcosa da rivedere e da riconsiderare, ma soprattutto per chi non la vive in prima persona è difficile capire. Perciò, dal tuo punto di vista personale, qual è l’intento principale del progetto e cosa dovrebbe risvegliare in tutti noi?

Voglio semplicemente aprire un vaso di pandora, avvicinare la gente all’argomento e lo voglio fare come un fulmine a ciel sereno. Basta parole gridate al vento che alla gente non solleticano più l’interesse. Immagini da guardare e immagini da leggere per creare un impatto che generi dialogo ed eco nei salotti dell’opinione pubblica. Voglio commenti e voglio domande scomode alle quali rispondere senza pensarci troppo, perché questa è la nostra vita di tutti i giorni. Forse siamo nati per rispondere tutta la vita alle domande, alle curiosità e agli sguardi della gente, ma va bene così, a patto che qualcosa cambi.

 

Ma adesso ti chiedo qualcosa che potrà non solo far riflettere sulla disabilità, ma anche smuovere un po’ la percezione che spesso le donne hanno di loro stesse, finendo per nascondere la propria femminilità appena possono… L’idea del servizio fotografico come ti ha fatta sentire?

Ho amato quest’idea dal 1° secondo. Come ho detto, sono certa che le immagini siano la strada giusta per arrivare alla gente. Io ci metto la faccia, il corpo, le cicatrici, le imperfezioni e 4 ruote. Deve per forza arrivare il messaggio. Avete mai visto un servizio fotografico in intimo di una ragazza in carrozzina?

 

No 🙂 , almeno io non l’ho mai visto e penso che sia stata una grande idea con un grande scopo. In pochi ci avrebbero pensato. Ma dopo le foto, il progetto si evolverà verso qualche altra iniziativa? Succederà qualcos’altro?

Io e Micaela vorremmo che il progetto appena nato avesse lunga vita, che questo shooting fosse solo il primo passo sull’anti-discriminazione di donne disabili. Le idee e i contatti sono tanti, ma vogliamo essere certe di fare un passo alla volta, consolidando i nostri intenti nei confronti dell’opinione pubblica.

 

Che dire di più? Un primo passo che sta facendo contemporaneamente muovere verso il futuro e verso un nuovo modo di vedere moltissime persone… Basta vedere come sta crescendo il numero di condivisioni su Facebook. Ma adesso andiamo a conoscere i pensieri di chi sta dietro l’obiettivo della macchina fotografica: Micaela Zuliani, la fotografa co-ideatrice dell’iniziativa con cui abbiamo già parlato tempo fa in questo post su Portrait de Femme. Una donna che mette nella fotografia tutta la sua passione e un impegno speciale…

 

Ciao Micaela, guardando dalla tua prospettiva… com’è nato questo progetto?

L’11 gennaio Valentina mi scrive un messaggio su Fb e mi dice che dopo averci pensato molto, si è decisa a contattarmi: voleva essere fotografata da me. Noi eravamo “amiche su Fb”, ma non ci eravamo mai scritte.

La sua immagine profilo faceva vedere il suo viso, molto sorridente ma non diceva altro di lei. Insomma mi scrive e mi dice che è disabile e vorrebbe delle foto di sé… Quando ha scritto che era disabile la mia reazione emotiva è quasi stata pari ad una doccia fredda.

Prima ancora di leggere la continuazione del suo messaggio, ho pensato all’istante che avevo trattato diversi temi in questi anni, ma non avevo mai considerato il mondo dei disabili nella mia fotografia e di questo mi sono anche vergognata, devo ammetterlo. Così ho continuato a leggere ciò che mi scriveva Valentina… ma la sua idea era di fare un semplice servizio fotografico. Ma ho percepito fin da subito che in lei c’è anima da combattente che si unisce alla sua grande ironia e autoironia, alla sua voglia di mettersi in gioco con umiltà e dignità. Cosi le ho proposto qualcosa che andasse oltre… Sapevo già che lei era la persona giusta, anche se non sapevo nulla di lei.

Ho fatto una ricerca in internet e ho scoperto quanto colore c’è nella sua vita e in lei. Quanta gioia, entusiasmo, vita, forza, determinazione… e più andavo avanti nel conoscerla, più capivo che quello che avevo in mente era perfetto, calzato perfettamente su di lei: utilizzare la fotografia Boudoir per parlare di lei e di tutte le donne senza discriminazioni, senza tabù. E volevo utilizzare anche una cosa così effimera e perfetta come le fotografie sexy, nelle quali nell’immaginario comune sono rappresentate esclusivamente donne perfette, bellissime e consapevoli del proprio carisma e bellezza. In questo modo saremo riuscite a rompere un classico e comune schema mentale.

La scelta del nome è stata importante: volevo che dal termine boudoir venisse tolta la connotazione negativa e volgare per renderlo più popolare, qualcosa di intimo, sensuale e per tutte le donne. In pratica, gli stessi criteri su cui baso anche i miei servizi che faccio alle donne con Portrait de Femme, un concetto che associato al termine “Disability” è in grado di alleggerire la drammaticità o problematicità del mondo dei disabili.

È sicuramente un titolo provocatorio, ma sia io che Valentina amiamo le provocazioni e l’ironia, in particolare quando hanno uno scopo positivo.

In breve dopo 4 giorni che Valentina mi aveva scritto, io ero già a Mantova da lei per organizzare lo shooting. Siamo state in accordo fin da subito su tutto.

 

Per far decollare questa idea, la personalità di entrambi vi ha sicuramente aiutate molto e sono sicura che riuscirete ad arrivare dove desiderate e dove meritate di arrivare, riuscendo a cambiare una piccola ma importante parte del mondo e della nostra società. Riguardo a questo, abbiamo già chiesto a Valentina qual è il suo intento e obiettivo, ma adesso vorremo sapere anche il tuo punto di vista.

Io e valentina abbiamo un obiettivo in comune e cioè quello di eliminare le discriminazioni. Lei nella disabilità, io per quanto riguarda le donne. Intendo dire che attraverso i vari progetti di Portrait de Femme vorrei che non ci fossero più discriminazioni sulla donna, la taglia, l’età, la razza, la costituzione, i canoni estetici, la malattia o l’essere in salute. Vorrei che la donna si sentisse in pace con se stessa, senza doversi sentire sempre inadeguata e dover sempre rincorrere un immaginario di donna che poi non esiste!

Vorrei che ogni tipo di donna fosse considerata bella e accettata, perché ogni persona e ogni donna è bella, bisogna solo che lo senta lei per prima. Poi si può valorizzare certo, ma chi si ama e ha un buon rapporto con se stessa ha un carisma, un fascino, una consapevolezza che traspare all’esterno. Invece spesso ci sono troppe donne insicure e che non si amano. Portrait de Femme vuole usare la fotografia per questo, se può farlo….

Infatti… PERCHÈ NON FARLO?

Come vedi, si tratta di due donne diverse che riescono a vedere la disabilità e ad unirla l’essere donna proprio allo stesso modo. Hanno un forte obiettivo comune, un progetto davvero importante e un’iniziativa che vale la pena di seguire e sostenere con la condivisione e l’espressione dei nostri pensieri.

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Perciò ti invito a condividere e parlarne: sarebbe un piccolo gesto che nel suo piccolo potrebbe cambiare qualcosa, smuoverci qualcosa dentro e aiutarci a guardare il mondo con occhi diversi, nonché noi stessi con occhi diversi.

Grazie a Valentina e Micaela, alla bravissima MakeUp Artist Luciana Lapique (www.lucianalapique.com) che si è resa disponibile per dare il suo contributo nel progetto e ovviamente anche a te, Lettore/Lettrice, che sei arrivato a leggere fino in fondo! 🙂

In attesa di vedere le foto, segui il progetto su FB e sostienilo con la tua opinione, il tuo mi piace e la tua condivisione:

Pepitosa Blog By Valentina Tomirotti (https://www.facebook.com/pepitosablog)

Portrait de Femme (https://www.facebook.com/Portrait-de-Femme-351597428375826/)

Altre info sull’iniziativa le trovi qui: http://www.portraitdefemme.eu/boudoir_disability.html